Numismatica

Varianti sulle Piastre napoletane tipo “Sebeto”

ed un’inedita medaglia di Carlo di Borbone

a cura di Francesco Di Rauso

Mezza Piastra 1734 clicca sull'immagine per ingrandire

È oramai noto a tutti i collezionisti che le monete argentee coniate a Napoli durante il regno di Carlo di Borbone riportanti il Sebeto sono di notevole bellezza artistica. Esse presentano nella quasi totalità dell’emissioni numerose varianti, sia per quanto riguarda il dritto che il rovescio.

Le Piastre da 120 Grana, e le mezze Piastre, sono coniate in argento di buona lega e pesano rispettivamente grammi 25,61 e 12,8. Si tratta di grammature ufficiali, ma si sa che non sempre questi pesi venivano rispettati: esistono infatti sul mercato alcuni esemplari di peso inferiore (più rari rispetto a quelli di peso normale). È la prova che la quantità d’argento “estorta” alle Piastre accresceva gli introiti della Regia Corte e dei responsabili della Zecca: non si tratta infatti di tosatura, ma di tondelli calibrati in modo fraudolento già in origine.


Piastra 1735 clicca sull'immagine per ingrandire


Piastra 1748 clicca sull'immagine per ingrandire

Gli esemplari coniati dal 1734 al 1736 hanno un diametro variabile dai 41 ai 42 mm. mentre negli esemplari di peso inferiore il diametro oscilla intorno ai 38 mm. Quelli coniati nel triennio 1747-49 hanno un diametro che oscilla dai 39 ai 40 mm, le mezze Piastre hanno un diametro invece di 35 mm, gli esemplari fraudolenti pesano in genere il 10% (circa) in meno rispetto agli esemplari normali.

Una caratteristica molto interessante che riguarda le Piastre è la ricca varietà di contorni, ne troviamo infatti ben cinque tipi diversi; contorno liscio, treccia in rilievo, foglie in rilievo, cerchietto e quadratino in rilievo e sferetta e quadratino in incuso. Nelle mezze Piastre sono invece tre i tipi di contorni diversi; liscio, treccia in rilievo e foglie in rilievo.

Le numerose varianti riguardanti dritto e rovescio di suddette monete sono molto interessanti ma è praticamente impossibile illustrarle tutte in un’opera o in un catalogo commerciale. Il sig. Fabio Gigante, infatti, nel suo omonimo catalogo ha ritenuto opportuno riportare solo i due tipi sostanzialmente diversi di piastre tipo “Sebeto”, quelle coniate nel biennio 1748-49 hanno, oltre che il dritto, anche il rovescio completamente diverso dal tipo precedente, lo stemma e la corona al rovescio sono infatti più strette e di disegno differente.

La ricca “scenografia” presente sul dritto ha per il giovane sovrano un significato molto importante, il Sebeto (noto fiume sotterraneo di Napoli) da secoli simbolo della città partenopea (oggi però prosciugatosi), viene personificato in un uomo barbuto poggiato con il braccio destro su un anfora dalla quale fuoriesce dell’acqua mentre con il braccio sinistro regge una pala, quest’ultima simbolo della produttività del regno. Alle spalle del Sebeto troviamo un pino mediterraneo, albero molto diffuso nel regno (tra l’altro, presente anche su alcune note stampe d’epoca e cartoline postali raffiguranti il panorama della città partenopea) e sullo sfondo il golfo di Napoli con il Vesuvio fumante, in alto il rassicurante motto in latino “DE SOCIO PRINCEPS” (da alleato a sovrano), stante a significare che il regno di Napoli non era più una provincia soggetta ad altri regni ma uno stato libero e indipendente.

Nel 1734 Don Carlos di Borbone (il futuro Carlo III re di Spagna), in testa ad un grosso esercito comandato dal generale Giuseppe Carrillo de Albornoz duca di Montemar (futuro duca di Bitonto), riuscì a conquistare i Regni di Napoli e Sicilia, grazie anche all’importante appoggio della popolazione favorevole al neo sovrano e contraria all’odiato vice-reame austriaco. […]

Durante i floridi venticinque anni di regno di Carlo, i direttori di Zecca furono quattro e troviamo infatti le iniziali dei loro nomi sul rovescio delle monete: Francesco Maria Berio dal 1734 al 1736, Vincenzo Maria Mazzara dal 1747 al 1750, Domenico Maria Mazzara dal 1750 al 1758 e Cesare Coppola dal 1759 al 1790 [quindi, anche interessanti il regno di Ferdinando IV, figlio di Carlo e re dalla partenza di quest’ultimo per la Spagna].

Prendendo in esame i particolari di sette esemplari da 120 Grana vediamo la netta differenza tra un pino e l’altro e non solo per quanto riguarda la parte fogliare ma anche quella sottostante (tronco e rami); il primo particolare è tratto da una Piastra del 1734, il secondo da una Piastra del 1735 con sigle dell’incisore  De Gennaro, il terzo ed il quarto sono tratte entrambe da una Piastra del 1735 con sigle dell’incisore Giacomo Antonio Hoger, gli altri tre particolari sono invece stati tratti rispettivamente da esemplari datati 1736, 1748 e 1749.

Nella seconda serie di immagini è stato riportato un gruppo di sette immagini, tratte dagli stessi esemplari sopraccennati riguardanti però il fumo del Vesuvio sul loro dritto, anche in questo caso la dimensione della nuvoletta di fumo e il posizionamento del motto “DE SOCIO PRINCEPS” cambiano considerevolmente da un esemplare all’altro.

Nella terza serie di immagini sono invece riportati i particolari del dritto delle mezze Piastre, anche in questo caso le dimensioni e le forme delle nuvolette di fumo cambiano in modo considerevole da una moneta all’altra.

L’incisore dei conii Antonio De Gennaro rimase in carica dal 1734 al 1755, dal 1756 infatti troviamo sul dritto delle monete di Carlo e del suo successore le sigle di Ignazio Aveta.

Antonio De Gennaro fu un artista molto valido e fu autore anche di numerosi e importanti conii di medaglie di Carlo di Borbone. In questo articolo ho ritenuto opportuno illustrarne alcune, tra cui la medaglia in argento datata 1751 per l’instaurazione dell’arte castrense nel regno di Napoli con il busto del sovrano al dritto e un edificio al rovescio, medaglia della più grande rarità conosciuta in pochi esemplari (Ricciardi 13)

Medaglia in Bronzo del 1751 per l'istituzione della disciplina militare (collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per ingrandire

e un’altra splendida medaglia in argento con i busti affrontati di Carlo III e Maria Amalia di Sassonia, al rovescio lo stemma accoppiato delle due dinastie, coniata in occasione della nascita del principe Ferdinando, futuro re Ferdinando IV (Ricciardi 11). Per la prima volta viene illustrata ai lettori l’immagine di un’inedita medaglia napoletana datata 1738 riportante l’immagine del noto incisore di conii Antonio Maria De Gennaro.

Medaglia del 1738 per Antonio Maria De Gennaro, noto incisore della Zecca (collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per ingrandire

La medaglia in questione manca in tutti i testi consultati, tra cui il Ricciardi e il catalogo dell’asta Christie’s del 1992 (quest’ultimo riportante un’importantissima collezione di medaglie borboniche), manca in tutte le collezioni sia pubbliche che private da me visitate e non è mai apparsa sul mercato. Coniata in lega metallica bianca molto simile all’argento è con molta probabilità l’unico esemplare esistente e l’esistenza di probabili esemplari in argento o in bronzo merita conferma.

Al dritto vi è l’effige dell’artista paludato volto a destra e la leggenda “ANTONIUS MARIA DE GENNARO NEAPOLITANUS”

Al rovescio leggiamo nel campo (in forma quasi abbreviata) la seguente leggenda: “CAES. NUMISM. / SCALPTORI ACUBIC. / ACAD. AUGUSTAE NUM. / ET MONET. DIRECTORI / VIRO MERITIS SUIS / AC GENERIS ANTIQUI / CLARO NOBILITATE / AMICISSIME DICAT / I.C. HEDLINGER / EQUES. / MDCCXXXVIII. […]


Nota aggiuntiva dell’autore

Dopo un'attenta ricerca fatta in un noto libro numismatico si è potuto stabilire più tardi che la medaglia raffigurante Antonio Maria De Gennaro fu un omaggio del grande incisore Johann Carl Hedlinger al De Gennaro. Va per tanto attribuito il merito a Salvatore D'Auria di aver inserito nel suo libro Il Medagliere (2006) questa come una medaglia riguardante il Regno delle Due Sicilie, in quanto documento e testimonianza del grande maestro."


Articolo pubblicato nell’Aprile 2002


Pubblicazione on-line del Maggio 2008

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